Qualche mese fa sono stata ospite della Cooperativa Alea, che si occupa di escursioni naturalistiche e sostenibili nell’area di Cabras e del Sinis. Grazie a loro e in particolare a Marco, guida escursionistica, ho scoperto dei lati sconosciuti della storia dello stagno di Cabras e dei suoi protagonisti: i pescatori.
La nostra escursione inizia alla piccola peschiera di Scaiu, la cui traduzione letterale significa “approdo”. Qui sui bordi dello stagno, che si affaccia sulla via Tharros, sostano infatti le barche dei pescatori.
La storia dello stagno di Cabras
Marco ci racconta che lo stagno di Cabras ha sempre avuto una grande importanza economica ed è stato luogo di insediamenti umani sin dal Neolitico. Ne è prova la statuetta della Dea Madre rinvenuta nel sito archeologico Cuccuru Is Arrius durante gli scavi del canale Scolmatore. Anche gli antichi Romani ne riconoscevano l’importanza e la centralità grazie alla caratteristica di essere molto pescoso.
Le prime fonti scritte riguardanti lo stagno risalgono però al 1200, quando il Giudice d’Arborea in carica all’epoca consentì ai monaci del monastero di Bonarcado di pescare a titolo gratuito con due barche all’interno dello stagno.
Nel 1400 circa la Corona di Spagna iniziò a invadere la Sardegna e si impossessò anche dell’area dello stagno. Circa 200 anni dopo, in cerca di liquidità per finanziare battaglie sulla penisola iberica, il re di Spagna decise di darlo in pegno alla ricca famiglia di banchieri genovesi dei Vivaldi, che ne rimase titolare per parecchie generazioni. I Vivaldi iniziarono a costituire una sorta di sistema feudale, concedendo l’accesso allo stagno solo ad alcune famiglie abbienti.
Solo nel 1850 la famiglia dei Vivaldi decise di venderlo al Notaio Cavalier Salvatore Carta. E’ in questo periodo che entrò in vigore un vero e proprio sistema feudale in cui i pescatori barattavano l’utilizzo dello stagno in cambio di una parte del pescato. Questo sistema rimane in vigore per gran parte del 1900, infatti la Regione Sardegna acquisisce proprietà dello stagno di Cabras solo nel 1983.
Il sistema piramidale dei pescatori
Il sistema feudale dello Stagno di Cabras prevedeva una vera e propria gerarchia tra pescatori. Chi stava al vertice della piramide era Su Meri ovvero il proprietario, al quale arrivava la maggior parte dei ricavi del pescato. Lui guadagnava semplicemente dal fatto che dava ad altri il permesso di pescare nello stagno. Più si andava verso il basso nello schema piramidale, minore era la retribuzione. Teniamo conto del fatto che quasi tutti i pescatori dovevano cedere a Don Efisio Carta il 50% del pescato in cambio del diritto di pescare.
Dopo su Meri venivano i Pesraxius, ovvero i due capi peschiera: l’occhio e il braccio di Don Efisio, coloro che controllavano lo stagno, tenevano i conti del pesce venduto. Il nome deriva proprio dal fatto che pesavano il pesce non appena arrivava con le barche.
Il terzo livello era costituito dai Zaraccus, che si suddividevano fra le varie peschiere per controllare che non entrassero all’interno dello stagno persone non autorizzate. Uno di loro aveva il compito di cucinare e preparare i pasti per coloro che lavoravano in peschiera.
Subito dopo venivano is Poigerisi, nome che viene da “Su poigiu” il tipo di rete che utilizzavano per pescare. Questi erano circa una ventina ed erano autorizzati a pescare nello stagno di Cabras solo in determinati periodi dell’anno. Poi abbiamo i 7 Sciagoteris, che utilizzavano un altro metodo di pesca, quello della Sciaiga, una sorta di pesca a strascico dalla riva dove si utilizzava una rete.
Seguono i Bogheris, il cui nome deriva dalla parola sarda bogare, che significa remare. Erano appunto gli addetti all’utilizzo delle imbarcazioni tradizionali in legno. Is palamitaius erano quelli che invece utilizzavano il sistema di pesca del palamito, che in confronto agli altri metodi era meno redditizio.
Marco continua il suo interessante racconto spiegandoci gli innumerevoli sistemi di pesca e di reti utilizzati dai pescatori nello stagno.
La vita (animale) nello stagno di Cabras
Ci spostiamo nella zona di Is Pontigheddus, ovvero i ponticelli, poco fuori dal paese di Cabras. Qui Marco ci illustra i vari canali che comunicano con lo stagno. I muggini entrano dal mare aperto nello stagno attraverso questi canali e crescono per due/tre anni in attesa di tornare in mare aperto (o essere catturati). L’acqua dello stagno è salmastra e conferisce al pesce un sapore unico e particolare. Il muggine (mugil cephalus) è la specie maggiormente pescata, anche se in alcune parti dello stagno si trovano anche anguille e qualche carpa. Dal muggine si estrae il prezioso “oro di Cabras” ovvero la bottarga, le uova del cefalo che vengono salate ed essicate e sono prelibato condimento per numerosi piatti.
Ma lo stagno di Cabras non è imporante solo per la vita nell’acqua, ma anche fuori dall’acqua. Qui attorno infatti gravitano una serie di uccelli come il gabbiano reale, il fraticello, il germano reale e il fenicottero rosa, rendendo questo specchio d’acqua una meta ideale di birdwatching.
In tempi recenti è stato costruito il cosidetto canale scolmatore, per risolvere il problema dell’acqua alta nella zona di Cabras che si affaccia sullo stagno. Questo quartiere è chiamato anche Veneziedda, per via delle sue inondazioni periodiche. Un’opera imponente in termini di costi e risorse, che però ha consentito di ovviare al problema dell’acqua alta. Durante i lavori di scavo è stato rinvenuto anche il sito archeologico di Cuccuru Is Arrius, di cui oggi si vede solo un isolotto, dove è stata trovata la dea madre e altri reperti oggi visibili al museo di Cabras.
Qui a is Pontigheddus resiste la torre spagnola, che sottolinea l’importanza dello stagno. Infatti normalmente le torri erano erette sulle coste a controllo dell’area. Il fatto di trovarla a bordo stagno, suggerisce quanto già gli spagnoli avessero capito l’importanza strategica economica dello stagno di Cabras. Questa torre controllava la parte Sud dello stagno, mentre a nord se ne trova un altra in località Pischeredda.
La Peschiera Pontis
Ci spostiamo per l’ultima parte dell’escursione alla Peschiera Pontis. Qui troviamo ancora gli antichi edifici come s’Osteria, dove si rimaneva a mangiare ma anche dormire, oggi Ittioturismo dove si possono gustare le specialità di mare tipiche della zona. Qui si trova anche l’alloggiato dove si pesava il pesce. Su Boaziu (Il palazzo) era invece il luogo dove si concludevano gli affari. Vediamo inoltre S’Omu Eccia divisa in Su Magasinu e Su Inu e Su Magasinu Becciu dove stoccavano le reti. Infine c’era anche un edificio adibito a seccare la bottarga.
All’interno della Peschiera si trova ancora la chiesa, oggi sconsacrata, di Santu Bissenti (San Vincenzo), che era molto importante per la vita sociale. Il tetto decorato a “S’ Orriu” era ricavato da canne lasciate essicare, pressate e intrecciate. I muri sono costruiti in “Ladiri” il tipico mattone in paglia e fango utilizzato nell’Oristanese, che consente di trattenere il fresco d’estate e isolare bene d’inverno dal freddo. Durante la festa di Santu Bissenti persino le donne potevano entrare nella Peschiera, altrimenti considerata off limits per loro.
Marco finisce il suo racconto illustrandoci le tecniche di cattura del pesce utilizzate all’interno della Peschiera. Veniva creata una camera di cattura con le canne piantate verticalmente (oggi sostituite da paratie di plastica) e al suo interno il pesce entrava pian piano. Poi veniva poi tirata su una rete per catturare il pesce e collegata a “Su Pigu”, un gancio che consentiva di sollevare fino a 50 kg di pesce alla volta.
L’escursione “Pescatori Scalzi” è facile e accessibile a tutti, ci sono dei brevi spostamenti che si possono fare in auto oppure in bici. Per rimanere aggiornati sulle escursioni organizzate da Alea potete iscrivervi alla loro newsletter settimanale.
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